lunedì 24 dicembre 2012


Buon cenone  a tutti da parte delle suore Domenicane di Santa Maria dell'Arco... Ma poi non dimenticate di andare alla messa della vigilia di natale..

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mercoledì 24 ottobre 2012

LA CRISI MOMENTO DI GRAZIA P. Timothy RadcliffeRadcliffe



Questo non è un periodo facile per la vita religiosa nella maggior parte dei continenti. Durante lo scorso anno, io ho preso la parola davanti a varie conferenze di religiosi in Asia, America latina, in Africa, in America del nord e in Europa e, si può dire che quasi dappertutto ci si pone la stessa domanda: la vita religiosa ha un futuro? È vero anche in Canada: numerose congregazioni sono minacciate di scomparire… Stiamo attraversando un passaggio stretto. Ritengo che la nostra vocazione di religiosi e religiose sia più importante che mai. Noi siamo chiamati a essere per l'umanità dei segni di speranza. Come religiose e religiosi attraversiamo forse un momento in cui nutriamo dei dubbi circa il nostro futuro ma l'umanità intera deve affrontare una grave crisi di speranza. Non voglio dire che tutto vada male, anche se c'è un'epidemia di suicidi tra i giovani. Voglio dire che i nostri contemporanei non hanno una storia da raccontare che offra speranza riguardo al futuro. Quando ero giovane, verso la fine degli anni '60, noi avevamo fiducia di vedere l'umanità evolversi verso un avvenire prodigioso in cui ci sarebbe stata la fine della guerra e della povertà. Tutto sembrava possibile.

Venite a me, voi che siete oppressi


Fonte web...
Marco Statzu Gonnosfanadiga, VS, Italy sono un prete, parroco del Sacro Cuore in Gonnosfanadiga, docente di Antropologia Teologica nella Facoltà Teologica della Sardegna, Assistente Ecclesiastico dell'AGESCI - Zona di Oristano Direttore dell'Ufficio Catechistico Diocesano di Ales-Terralba


ma il cielo è sempre più blu... (Rino Gaetano) Ad ognuno un benvenuto! Forse troverete in questo blog qualcosa che potrà interessarvi, esservi utile, piacervi, stancarvi, infastidirvi. In ogni caso... Buona navigazione!
Timothy Radcliffe: Venite a me, voi che siete oppressi

Fra Timothy Radcliffe al clero di Dublino, dicembre 2009
Fonte: Il Regno«Quella attuale è una crisi tremenda per la Chiesa..E' la crisi di tutta la concezione del sacerdozio e della vita religiosa» nella Chiesa: sono nette le parole che Timothy RadcIiffe, già maestro generale dei domenicani, usa per rileggere i recenti avvenimenti che hanno colpito la Chiesa, quella irlandese in particolare (cf. qui a p. 193). Lo fa rivolgendosi ai sacerdoti della diocesi di Dublino durante un ritiro spirituale dello scorso dicembre. «E una crisi trentenda per la Chiesa, ma reca con sé una promessa e una benedizione». Infatti, i tanti e complessi fattori in gioco sono riconducibili a un modello di «potere che si trova alla radice: la violenza del potere esercitata ai danni dei piccoli e dei vulnerabili». Ma questo non è «il potere di Gesù, che era mite e umile di cuore». Pertanto, conclude il domenicano, «non avremo una Chiesa sicura per i giovani finché non... diventeremo di nuovo una Chiesa umile in cui siamo tutti pari, figli dello stesso Padre».E' per me un grande privilegio, oltre che un onore, esser qui con voi oggi. Avevo già avuto il piacere, un paio d'anni fa, di guidare un ritiro per il clero dell'arcidiocesi, e sono felice di essere di nuovo con voi. È un periodo estremamente duro per la Chiesa sia in Inghilterra sia in Irlanda, ma per voi in questi giorni lo è ancor di più, ed è questo che vi spinge· a riunirvi in preghiera.Mi è stato detto che il tema di questi giorni è: «Venite in disparte e riposatevi un po'». (cf. Mc 6,31). Perciò ho pensato che avrei fatto una meditazione su quel brano di Matteo tutto dedicato al tema del riposo: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,28-30). E quindi spero che si tratterà di una chiacchierata riposante; vi chiedo solo il favore, se schiacciate un sonnellino, di non russare!

Buona crisi
Gesù dice ai suoi discepoli: «Venite a me». Si tratta di un invito all'intimità. I discepoli vengono invitati a riposare nella sua amicizia. Ed è questo che vorrei approfondire un poco: come, in un periodo così duro, possiamo riposarci nell'amicizia del Signore.E una crisi terribile per la Chiesa, non solo in Irlanda ma anche in Gran Bretagna, in America e in Australia. Ma sono fermamente convinto - e lo dissi nel Corso di quel ritiro - che la crisi è una possibilità che ci viene data per avvicinarci a Dio. La peggior crisi mai conosciuta da Israele fu la distruzione del Tempio, la fine della monarchia e l'esilio a Babilonia, nel VI secolo a.C. Israele perdette tutto quello che costituiva la sua identità: il culto, la nazione, il re. Ma scopri così di avere Dio più vicino di quanto non lo fosse mai stato. Dio era presente nella legge, sulle-loro bocche e nei loro cuori, ovunque fossero, per quanto lontani da Gerusalemme.Mentre stavo preparando queste riflessioni, lunedì scorso, all'ora media abbiamo cantato: «La mia delizia sarà nei tuoi comandi, che io amo. Alzerò le mani verso i tuoi comandi che amo, mediterò i tuoi decreti» (Sal 119,47-48). Perdettero Dio solo per riceverlo più vicino di quanto potessero immaginarsi.E poi comparve quell'uomo scomodo, Gesù, a infrangere l'amata legge, a mangiare nel giorno di sabato, a toccare gli impuri, ad abitare con le prostitute. Sembrava che cercasse di fare a pezzi tutto quello che essi amavano, il modo stesso della presenza di Dio nelle loro vite. Ma fu solo perché Dio desiderava essere presente in un modo ancor più intimo, come uno di noi, col volto di un uomo. E a ogni eucaristia ci ricordiamo di come fu necessario che lo perdessimo. Ma, di nuovo, solo per riceverlo ancor più da vicino, non come un uomo fra noi ma come la nostra stessa vita.Questa ultima crisi è un tempo che ci viene dato per scoprire Gesù ancor più vicino a noi di quanto avessimo mai immaginato. E una crisi causata dalle mancanze che noi stessi abbiamo compiuto in quanto Chiesa, ma Dio può farne una benedizione se la viviamo nella fede. E dunque possiamo stare tranquilli. Dopo avervi insistito sopra come faccio di solito, un mio confratello americano mi ha fatto una maglietta con su scritto «Buona crisi». Volevo indossarla per voi, oggi, ma si è inopinatamente ristretta e non riesco più a entrarci dentro! .

Pubblicato da Marco Statzu a 19:54

giovedì 6 settembre 2012

Sicily Wine Mamertino Vasari«contemplari et contemplata aliis tradere»

                                                                              http://www.facebook.com/groups/261471680629537/
Abbiamo voluto riportare una testimonianza agli ideali Domenicani  manifestate  nel nostro gruppo Fb dal Sig Ruggero.Desideriamo precisare che, il nostro non è un comunicato pubblicitario e neancha una furbata per divulgare una marca di vini, anche perchè  non possiamo incidere sicuramente nei gusti dei cittadini , è invece  un atto di fede
L'ideale domenicano, espresso dalla massima: «contemplari et contemplata aliis tradere», sull'esempio di S. Domenico, il quale, in casa e in viaggio, di giorno e di notte, era assiduo alla celebrazione dell'Ufficio Divino, all'orazione e alla contemplazione, e celebrava sempre con grande devozione i Divini Misteri, è per ciascuna di noi stimolo e sostegno a perseverare nella preghiera e nella celebrazione della Sacra Liturgia. Il primo nostro dovere è, dunque, quello di attendere costantemente alla contemplazione delle verità divine e all'unione con Dio mediante l'orazione, la nostra Comunità casa di predicazione annucio della Verità  La celebrazione della Liturgia deve costituire il fulcro di tutta la nostra vita comunitaria, il fondamento della sua unità e la sorgente della sua irradiazione missionaria.
Sicily Wine Mamertino Vasari«contemplari et contemplata aliis tradere»
Gentili Sorelle Domenicane
il vostro esempio e stile di vita è sicuramente invidiato da molte persone come me del mondo civile troppo in corsa e troppo presi dalla quotidianità per contemplare. La contemplazione è importante perchè è nel silenzio e nella rifessione che si ascolta veramente Dio e si riesce a trovare spesso una crescita spirituale. Mi chiedevo se siete interessati a visitare i luoghi
dove io vivo e lavoro. Santa Lucia del Mela è stata la prima prelatura nullius del mondo cattolico. Io mi occupo di valorizzare la terra in cui sono nato dedicandomi al mondo del vino di qualità. Circa 40 anni fà ho riscoperto è valorizzato uno dei tre vini più antichi del mondo, bevuto e preferito nell'antichità anche dall'Imperatore Giulio Cesare e per questo che oggi intendo promuovere sempre più il mio vino ma anche il mio territorio, ricco di chiese, di arte e storia. Maggiori informazioni sulmio sito. vi allego la locandina dell'evento che organizziamo a settembre. Chissà che non possiate essere interessati, scrivetemi e vi invio gli itinerari engoastronomici e culturali-religiosi.
Cordialimente Ruggero Vasari

allego anche il link del servizio RAI del TG2 dove potete saperne di più sulla mia azienda e sulla zona in cui vivo e lavoro, una perla ricca di arte sacra e di buon vino e cibo. Il servizio sul mamertino è sul territorio è dopo quello dei formaggi del trentino.
il link è:
http://www.tg2.rai.it/dl/tg2/RUBRICHE/PublishingBlock-b23b19f4-eeb1-4f4f-a2ff-745741488706.html

http://www.turistaonline.net/s_16101_MAMERTINO-VINEYARD-TOUR-2012.html

http://www.turistaonline.net/s_16101_MAMERTINO-VINEYARD-TOUR-2012.html
Descrizione
Dal 10 al 30 Settembre a Santa Lucia del Mela (ME) sulle colline sovrastanti la valle del Mela è in programma un grande evento dedicato al Vino ed al suo Territorio, il “Mamertino Vineyard Tour 2012”. L’Azienda Agricola Vasari vi aspetta per assistere e partecipare alla vendemmia delle uve da cui viene prodotto lo storico vino Mamertino, uno dei tre vini più antichi al mondo, il preferito dall’Imperatore Giulio Cesare, prodotto oggi in modo biologico certificato. Tra gli altri eventi in programma: degustazione verticale di varie annate di Mamertino DOC biologico Vasari; preparazione di piatti della cucina tradizionale del territorio; corsi di CUCINA FUTURISTA con abbinamento del vino Mamertino ; escursioni a Santa Lucia del Mela, Milazzo ed alle Isole Eolie per scoprire le bellezze storico-architettoniche e naturalistiche e…. tanto altro.
Possibilità di alloggio nell'agriturismo dell'Azienda Agricola Vasari (www.agriturismovasari.it)
Per info e prenotazioni contattarci ai numeri tel. 090 9359956 oppure al 339 7769333 oppure inviateci una mail a: azienda@biovinivasari.it
Tutto il programma su www.biovinivasari.it
Arrivederci a Santa Lucia de Mela!
Fate girare la notizia. Grazie. Ruggero Vasari
P.S. per saperne di più sul Mamertino DOC vi invito a vedere anche il link del servizio RAI del TG2 EAT PARADE a cura del Giornalista Umberto Gambino (secondo servizio dopo i formaggi del trentino) andato in onda il 17 agosto 2012 rivedi su:

http://www.tg2.rai.it/dl/tg2/RUBRICHE/PublishingBlock-b23b19f4-eeb1-4f4f-a2ff-745741488706.html
Vi aspettiamo con vero piacere.

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Regione o stato estero: Sicilia
Provincia : MESSINA
Città: Santa lucia del mela
indirizzo: CONTRADA CASALE
località: collina
zona: Agriturismo Azienda Agricola Vasari
data inizio offerta: 10-09-2012
data fine offerta: 30-09-2012
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giovedì 30 agosto 2012

Santuario Basilica della Beata Vergine del Santo Rosario di Fontanellato (Parma)


Santuario Basilica della Beata Vergine del Santo Rosario di Fontanellato (Parma)


La Storia del Santuario




I frati domenicani a Fontanellato (1512)
Per la salvezza delle anime S. Domenico nel 1216 fondava l'Ordine del frati predicatori, chiamati in seguito domenicani.
Per la salvezza delle anime, dei suoi sudditi, la contessa di Fontanellato, Veronica da Correggio vedova di Giacomo Antonio Sanvitale († 1511), nel 1512 faceva venire a Fontanellato i frati domenicani. Provenivano questi dal convento osservante di S. Maria delle Grazie di Zibello, fondato nel 1496 dal marchese Pallavicino presso la riva del Po, e appartenevano all'area riformata dell'Ordine. Sotto l'ispirazione di S. Caterina da Siena (1347-1380) i figli di San Domenico nel secolo XV si erano impegnati a osservare integralmente la regola primitiva, formando comunità di santi religiosi e di insigni predicatori, che, città e castelli, cercavano a gara di avere dentro o vicino alle loro mura.
Per tale motivo la contessa Veronica si rivolse al priore dei frati osservanti di Zibello, padre Alberto da Milano, e per suo tramite al Vicario generale della Congregazione riformata di Lombardia e al Maestro dell'Ordine, padre Tommaso de Vio detto il Gaetano, ottenendo alla fine quanto aveva desiderato. I domenicani, come si legge nei documenti di fondazione, vennero a Fontanellato per pregare, celebrare le S. Messe, ascoltare le confessioni, evangelizzare il popolo, assistere spiritualmente gli ammalati che si trovavano nelle case sparse nelle campagne: in tal modo avrebbero procurato la "salus animarum", la salvezza delle anime, intesa dal Santo Fondatore.
Appena giunti a Fontanellato (1512) i domenicani ebbero in dono dai marchesi Galeotti di Soragna un antico oratorio (del 1397) dedicato a San Giuseppe, distante 300 metri dalle mura del castello; dalla contessa Veronica ebbero il terreno su cui fabbricare il convento, dalla popolazione aiuti d'ogni genere.
Il convento e la nuova chiesa, edificata questa al posto del troppo piccolo oratorio, erano già agibili nel 1514. Tra i primi religiosi ivi assegnati troviamo il celebre teologo p. Isidoro Isolani da Milano, che nel mese di marzo di quell'anno "in oppido Fontanellatae in loco Sancti Joseph" (nel paese fortificato di Fontanellato in località S. Giuseppe) iniziava a scrivere la "Summa de donis Sancti Joseph", capolavoro di dottrina teologica.


Tra guerre e rovine
Purtroppo la guerra si presentò ben presto con la sua furia devastatrice. Nel 1521 il ducato di Parma veniva occupato dalle milizie francesi, ma subito ricacciate dalle truppe imperiali: in poco tempo fu rovina dovunque. I frati di Fontanellato, insieme con la gente di campagna, si salvarono rifugiandosi nella rocca dei Sanvitale. Il convento di San Giuseppe patì saccheggi. Dieci anni dopo (1531), assicurata la pace tra i belligeranti, i frati restaurarono l'edificio monastico. Ma nel 1543, invaso il ducato dall'esercito milanese, i signori di Fontanellato demolirono il convento per ricavare pietre da usare in fortificazioni. Questa volta la comunità trovò rifugio nel priorato di San Benedet to a Cannetolo, concesso loro da papa Giulio III il 6 giugno 1550. Terminata la guerra, nel 1552 i frati tornarono a Fontanellato tra le rovine della loro casa. Sorretti da inesauribile fiducia costruirono ancora una volta tempio e monastero, dedicandoli come pri ma a San Giuseppe. La seconda metà del secolo XVI non registrò nello stato di Parma grandi rumori di guerre e i domenicani poterono attendere alla loro missione di "salvezza delle anime" con una pastorale rinnovata dalla moderna devozione alla Madonna del Rosario.

I frati promuovono la devozione del Rosario (1571-1592)
Nel 1566 veniva eletto sommo pontefice il domenicano "osservante" fra Michele Ghislieri, il quale, preso il nome di Pio V, riformò con esemplare fermezza la Chiesa secondo i decreti del Concilio di Trento (1563). La vittoria ottenuta dalle navi della lega cattolica contro la invadente flotta turca nelle acque di Lepanto il giorno 7 ottobre 1571, venne attribuita dal medesimo Papa alla celeste intercessione della Beata Vergine del Rosario, della quale era devotissimo. A perenne memoria dell'evento l'anno seguente istituiva la festa della Madonna del Rosario, estendendola alla chiesa universale. Infine dava forma definitiva alla preghiera del Rosario. Da parte sua l'Ordine domenicano, tramite il Capitolo generale celebrato nel 1592 a Venezia, disponeva che in tutte le nostre chiese venisse istituita la Congregazione o Confraternita del Rosario, con cappella e altari propri, per curare e diffondere al massimo la devozione del Santo Rosario.
La risposta data a tali inviti dai conventi dell'Ordine, esistenti in Europa, nell'America Latina e già nell'Estremo Oriente, fu unanime, com'era da aspettarsi in un momento di netta ripresa spirituale della Chiesa cattolica.
In tale contesto di fervida religiosità il convento di San Giuseppe in Fontanellato aveva trovato la sua specifica missione, promuovendo la devozione alla Madonna del Rosario e istituendo la relativa Confraternita nella seconda metà del secolo XVI. All'entusiasmo primitivo subentrò un breve periodo di assopimento, superato da una travolgente ripresa.


La Sacra immagine della Madonna del Rosario di Fontanellato
Nel 1615 i padri domenicani di Fontanellato ordinavano a un anonimo artista di Parma di scolpire in legno la statua della Madonna del Rosario e di rivestirla con preziosi abiti secondo la foggia di quei tempi, per esporla sopra l'altare della sua cappella alla venerazione dei fedeli. Ma perchè l'avvenimento sortisse tutto l'effetto desiderato, il superiore del convento, p. Bonifacio da Milano, il 9 ottobre 1616 organizzava "una Processione solenne con occasione di far portare la Madonna di rilievo" fatta eseguire l'anno precedente.
L'immagine della Madonna, che regge un regale e benedicente Gesù Bambino e che sembra porgere al fedeli la corona del Rosario, piacque moltissimo e suscitò grande devozione tra il popolo.

La predicazione dei domenicani
I padri, da veri maestri in teologia, istruirono adeguatamente i fedeli sul significato della sacra immagine, sul valore della sua corretta venerazione, sul dovere di imitare le virtù della Madonna e rivivere i momenti gaudiosi, dolorosi, e gloriosi della sua vita intrecciata con quella del suo Figlio, Gesù Salvatore. Il tempo più forte della predicazione al popolo e della catechesi era allora la quaresima.
Una devozione così illuminata ravvivò la fiducia nella Vergine santissima, la preghiera divenne più fervorosa ottenendo grazie e prodigi senza numero, come riferiscono le cronache del tempo.


Il primo miracolo
Il primo miracolo si verificò nell'ottobre del 1628 quando un certo Gian Pietro Ugolotti di Borgo San Donnino (oggi Fidenza), di anni 65, colpito da febbre continua maligna, raccomandatosi alla Santissima Vergine di Fontanellato ottenne immediata guarigione. Il prodigio - rappresentato anche in un quadro votivo - venne approvato dalla Curia di Parma e poi dato alle stampe, insieme con altre grazie che i padri cominciarono a scrivere in appositi libri su testimonianza del devoti "graziati". La notizia del prodigi si diffuse in tutta l'Emilia e nelle diocesi limitrofe.

Nuove prove: peste e rovine
Il continuo e crescente afflusso di fedeli e pellegrini richiese, per conseguenza, la costruzione di un edificio sacro più vasto e più degno. Ma il progetto del nuovo santuario fu bloccato da due tristi avvenimenti quasi contemporanei: la peste scoppiata nel 1630, che raggiunse sia pure in forma meno virulenta anche Fontanellato, e la guerra scatenata dal governatore di Milano contro il ducato di Parma. Per salvare l'immagine miracolosa della Madonna del Rosario da temuti sacrilegi da parte delle soldatesche, i padri di Fontanellato la trasferirono nottetempo a Parma per esporla nella chiesa del loro confratelli, detta di San Pietro Martire, che a quei tempi si trovava all'interno dell'attuale piazza della Pace (Pilotta), dove si vede il monumento a Giuseppe Verdi.


Segni visibili dell'amore materno di Maria
La Madonna del Rosario ottenne per la città e per il ducato di Parma il dono sublime della pace e per la provatissima popolazione nuove grazie e prodigi materiali e spirituali.
Il miracolo più conosciuto della Madonna di Fontanellato durante la sua permanenza in Parma, e del quale esiste una relazione autentica nella Curia Vescovile, è quello operato a beneficio delle Madri Agostiniane di S. Cristoforo. Quelle pie religiose vivevano in povertà estrema. Tante volte loro unico sostentamento era un pezzo di pane intinto nel vino. Ma ecco che tutto il loro vino va a male così da non essere più bevibile.
La Madre Priora mette tutte le sue speranze nella Madonna di Fontanellato. Propone alle consorelle di recitare cento Ave Maria ad onore della Vergine e ad implorazione del suo soccorso. La mattina dopo, spillato un po' di vino da ogni botte, fu trovato, dice la relazione, "tutto sanissimo, chiaro e bello come un rubino".
Senza numero le grazie fatte, particolarmente ai bambini . Si direbbe che la Madonna di Fontanellato abbia preso sotto la sua tutela speciale i piccoli innocenti, esposti a pericoli di ogni sorta. La Madonna di Fontanellato è la «Madonna dei bambini» .

Ritorno trionfale (1637)
Dopo sette anni di permanenza a Parma, ristabilito il sereno politico, la venerata immagine viene riportata a Fontanellato.
Questa volta però il viaggio fu in pieno giorno e svolto in maniera trionfale. Il lunedì dopo la Pentecoste del 1637 essa passò fra due ininterrotte ali di popolo plaudente, dalla chiesa di S. Pietro Martire fino alla riva destra del Taro. Passato il fiume, essa fu accompagnata al suo santuario da una moltitudine di fedeli osannanti.


Ripresa dei lavori interrotti (1641)
Col suo ritorno ebbe inizio - dalla primavera del 1641 - la costruzione della nuova chiesa, quella attuale, che richiese quasi vent'anni per portarla a termine. Il "trono" o nicchia della Madonna venne innalzato nel 1650. Ne fu instancabile promotore p. Tommaso Pallavicino, il quale in veste di Vicario resse la comunità religiosa di Fontanellato dal 1623 al 25 luglio 1662, con soli tre anni di interstizi.
Terminata la chiesa, il 18 agosto del 1660, dopo otto giorni di sacri riti, alla presenza di una folla immensa, fuori del tempio, il vescovo di Fidenza (allora si chiamava Borgo San Donnino) Mons. Alessandro Pallavicino incoronava regalmente la statua della Madonna col Bambino. A ricordo di quella storica incoronazione, che fu la prima, il 15 agosto rimarrà in perpetuo festa solennissima per Fontanellato.

L'architettura a servizio di un'idea religiosa
A questo punto è importante descrivere l'interno della chiesa com'era nel 1660, perchè corrispondeva esattamente all'idea voluta dai padri. La struttura architettonica s'innalza sopra una pianta a croce latina con bracci e coro poco profondi; la vasta aula è ad unica navata, fiancheggiata da quattro cappelle per parte, il presbiterio è coperto da un'alta cupola che sovrasta l'altare maggiore dietro il quale si innalza l'edicola che accoglie la statua della Madonna del Rosario. L'arco di trionfo che separa il presbiterio dalla navata, venne ornato, dalla parte verso i fedeli, con quindici quadri che rappresentano i misteri del Rosario. Perciò, quando i fedeli entravano in chiesa vedevano immediatamente l'immagine della Madonna con il Bambino sorretto dal braccio sinistro e il Rosario offerto dalla mano destra, incorniciata dai quindici quadri che riproducevano i misteri da meditare durante la recita delle decine di Ave Maria intercalate dal Padre Nostro.
Dunque i domenicani hanno costruito un santuario appositamente per la Regina del Santo Rosario, la cui devozione porta alla conoscenza dei misteri della redenzione rivelati dalla Parola di Dio, alla frequenza del Sacramento Pasquale del Sacrificio eucaristico, preparato dal sacramento della penitenza . Così si realizzava in maniera nuova il desiderio della contessa Veronica, che volle avere a Fontanellato dei religiosi totalmente consacrati alla "salvezza delle anime" dei suoi sudditi.


Il Santuario voluto dai poveri
Chi volesse sapere, a parte l'iniziativa che va assegnata ai conti Sanvitale signori di Fontanellato, chi furono coloro che prima e dopo il 1660, fino ai nostri giorni, sostennero le spese per le opere compiute a onore della Madonna del Rosario, a ornamento del suo santuario, a soccorso delle varie istituzioni assistenziali create nel corso dei secoli, rilegga la iscrizione scolpita nel secolo XVII sopra la porta centrale della chiesa: "Ex eleemosinis et pauperum pietate erga Deiparam"; ossia, quanto ammirate è stato compiuto "grazie alle elemosine e alla pietà del popolo verso la Madre di Dio". Quella frase "pauperum pietate", letteralmente "dalla religiosità dei poveri", ci richiama allo spirito delle beatitudini evangeliche e all'obolo della vedova.
Con identico spirito evangelico i padri domenicani hanno "amministrato" le offerte loro consegnate a onore della Santissima Madre di Dio, provvedendo al migliore decoro del santuario, all'accoglienza dei fedeli pellegrini e dei poveri, alla loro istruzione religiosa, all'amministrazione dei sacramenti richiesti.


Varie tappe di un cammino di fede e d'arte
Nel 1663 vengono ordinati sette quadri per gli altari di altrettante cappelle; per l'ottavo altare venne fatto scolpire un Crocifisso in legno; nel 1672, per i religiosi addetti al servizio del santuario, ha inizio la costruzione del nuovo convento , che si protrarrà per trent'anni; nel 1680 viene inaugurata la facciata della chiesa (che non è l'attuale), ornata con quattro statue di marmo raffiguranti: S.Giuseppe e S. Domenico nelle nicchie superiori e i due Santi domenicani S. Rosa da Lima (1586-1617) e S. Ludovico Bertrando (1526-1581) in quelle inferiori.
L'anno 1684 il conte Alessandro Sanvitale con la sposa Paola Simonetta fa pavimentare di marmo il presbiterio e lo circonda con una nobile balaustrata, contrassegnata dallo stemma di famiglia. Nel 1690 il nuovo organo monumentale viene sistemato in fondo alla chiesa sopra le porte di ingresso.
Nel 1701 l'artista "Marcus Mazellus" firma gli otto paliotti in scagliola policroma posti davanti agli altari laterali; nel 1706 alcuni quadri delle cappelle vengono incorniciati da ricche "ancone" in legno intagliato e dorato. A una data posteriore risalgono i "16 ovali" con i miracoli compiuti dalla Madonna di Fontanellato, collocati nelle brevi pareti laterali delle otto cappelle e gli altri in vari luoghi della chiesa, autore P. Rubini.
A tutti questi ornati, patrocinati quasi sempre dai padri, si aggiungano le centinaia e migliaia di ex-voto, di cuori d'argento, di quadretti e memorie che ben presto cominciarono a coprire i pilastri e le pareti del santuario e degli ambienti sacri adiacenti. Di tanto in tanto i cuori d'argento venivano fusi e trasformati in suppellettile liturgica e anche a sostegno del poveri.
La devozione verso la Madonna del Rosario veniva tenuta viva anche con la pubblicazione delle grazie e dei miracoli ottenuti, come si affermava, per sua intercessione. Abbiamo notizia della raccolta curata da padre L. Malaspina nel 1630, da padre T. Pallavicino nel 1660, da un anonimo domenicano nel 1741; in seguito da altri ancora, fino ai nostri giorni, anche mediante il bollettino del santuario.
Molte grazie, dunque, vennero pubblicate. Molte altre sono ancora inedite, consegnate a manoscritti custoditi negli archivi; la maggior parte però sono note soltanto ai fedeli che le hanno ricevute e a Dio che le ha elargite, tramite la Vergine Santissima.


Vicende tristi e soppressioni (1769-1816)
Giunsero poi i tempi della irreligione e delle soppressioni. Ma la Divina Provvidenza seppe cavare il bene anche dal male. Il giovanissimo Ferdinando I Borbone, duca di Parma, allora succube di consiglieri illuministi come il ministro G. Dutillot, il 14 marzo 1769 allontanava i domenicani dal santuario di Fontanellato. Il 13 agosto 1775, sbarazzatosi dell'astuto ministro e assunto direttamente il Governo e professando il più ortodosso cattolicesimo, li faceva rientrare a comune conforto. Nel 1805, Napoleone I, Re d'Italia, sopprime tutti gli ordini religiosi e i domenicani di Fontanellato devono anche essi lasciare chiesa e convento, disperdendosi. Allora il conte Stefano Sanvitale interviene presso l'imperatore e ottiene che il Santuario e gli edifici monastici annessi siano assegnati alla "Scuola delle Figlie della Carità" che era una casa di educazione e di lavoro per ragazze povere. Negli edifici dei frati domenicani trovò ospitalità anche l'altra opera istituita per i maschi col nome di "Scuola di Santo Stefano" nome - dice lo storico Lorenzo Molassi - che fu mutato in quella di "CORPO DELL'INDUSTRIA" nel dì 26 dicembre 1805 , (festa di S. Stefano), epoca in cui i fanciulli vennero vestiti con abito uniforme di taglio militare". Era direttore spirituale, almeno per le Figlie della Carità, l'ex priore del convento, il domenicano p. Carlo Burzio. Alla morte (1811) del Burzio subentra come custode del santuario l'agostiniano p. Giovanni Battista Micheletti fino al 1816. È in questo anno che il domenicano p. Giovanni Rosa Raimondi ottiene dalla duchessa di Parma, Maria Luisa d'Asburgo Lorena, seconda moglie di Napoleone, che le claustrali domenicane del soppresso monastero di Colorno, allora viventi in una casa privata, possano occupare l'ex convento dei padri domenicani di Fontanellato, ormai libero anche delle due opere benefiche (orfanotrofi) volute dal conte Stefano Sanvitale per i maschi e le fanciulle poveri.

Speranze e nuove trepidazioni
Nel 1822, restaurato il monastero e costruito per i padri, cappellani delle claustrali e custodi del santuario, l'ospizio di fronte alla facciata della chiesa, (ora distrutto), ricomincia la presenza dei domenicani con padre Raimondi. Così anche i fedelissimi devoti della Madonna del Rosario ritrovano i loro zelanti sacerdoti.
I segni di un forzato abbandono materiale vengono cancellati con il restauro generale della chiesa, avvenuto negli anni 1858-1860.
Ma pochi anni dopo, nel 1866, il 7 luglio la legge di soppressione degli istituti religiosi colpisce nuovamente il monastero delle domenicane e l'ospizio dei frati addetti al santuario di Fontanellato. Il 15 dicembre viene dichiarata sciolta la comunità dei frati domenicani intimando loro di smettere l'abito religioso. Il fabbricato passa alla amministrazione municipale mentre le proprietà immobiliari vengono incamerate dal demanio. Le monache avevano potuto restare nel monastero ma prive di qualsiasi rendita. Il papa Pio IX venne in soccorso delle monache, imitato da buone persone.
Finalmente nel 1879, dopo dieci anni di confisca, la famiglia domenicana riscatta chiesa, monastero ed ospizio pagando il corrispettivo prezzo al municipio di Fontanellato.


I "concorsi" riprendono più numerosi
In un clima di vivaci manifestazioni religiose, di profondi movimenti sociali e anche di spavaldo anticlericalismo i "concorsi" estivi e i pellegrinaggi riprendono sempre più numerosi. La devozione verso la Madonna del Rosario di Fontanellato è un faro di fede e di pietà popolare.
La vita del cardinale beato Andrea Ferrari è un esempio: sua madre lo porta infante, gravemente malato, ai piedi della Madonna ottenendo piena guarigione; don Andrea Ferrari celebra la sua prima Messa (21 - XII - 1873) sull'altare del santuario che lo vide ricuperare la salute; il cardinal Ferrari, arcivescovo di Milano, solennizza il giubileo sacerdotale (21 dicembre 1898) ancora sull'altare della Madonna di Fontanellato. Come pegno del suo amore e della pia gratitudine a Maria lascia un bellissimo calice sbalzato con policromie incastonate. La sua devozione, manifestata ancora nelle immancabili visite annuali a ricordo del suo battesimo, meritò d'essere immortalata nel monumento bronzeo, innalzato davanti alla facciata del santuario (1925), che lo vede inginocchiato in atto di intensa preghiera. È l'immagine del "pellegrino".
Invece l'immagine del religioso che promuove la devozione alla Madonna del Rosario è impersonata da p. Giacinto Mazzetti (1869-1951), uno dei cinque chierici usciti dal seminario di Parma per farsi domenicani. A lui si devono le seguenti opere: la costruzione della monumentale facciata del santuario su magistrale disegno dell'architetto Lamberto Cusani di Parma; la solennissima incoronazione della Madonna del Rosario avvenuta nella cattedrale di Parma il 21 maggio 1925; la creazione del monumento bronzeo del cardinal Ferrari inaugurato il giorno dopo la suddetta incoronazione; la fondazione dell'orfanotrofio nazionale Madonna di Fontanellato.
Su quest'ultima opera è necessario aggiungere qualche nota. Padre Mazzetti da giovane fu brillante predicatore itinerante. Calcando i pulpiti d'Italia ebbe modo di conoscere e ammirare il santuario di Pompei e le opere sociali che il terziario domenicano Beato Bartolo Longo (1841-1926) vi aveva annesso a soccorso di tanta innocenza forzatamente abbandonata. La devozione alla Madonna deve tradursi in opere di misericordia. Sull'esempio del vulcanico avvocato napoletano Bartolo Longo il sanguigno frate emiliano fece sorgere a fianco del santuario della Madonna di Fontanellato l'orfanotrofio, grazie alle offerte ovunque questuate con il foglio "Fiorita Mariana" proponendo l'offerta di 50 centesimi per un mattone!
Progettista del grandioso edificio fu ancora l'architetto Cusani. Mentre il fabbricato prendeva corpo, padre Mazzetti apriva a Casalbarbato vicino a Fontanellato un piccolo orfanotrofio affidandolo alle suore domenicane della Beata Imelda, fondate a Venezia da padre Giocondo Lorgna O.P. (1870-1928) che agli inizi del secolo fu per quattro anni Superiore del convento di Fontanellato e zelantissimo apostolo della Madonna del Rosario.


Nuovamente la guerra
Quando la costruzione dell'orfanatrofio era quasi finita scoppiò la II guerra mondiale (1940). Requisito dal governo l'orfanotrofio fu successivamente prigione di ufficiali inglesi, messo a sacco durante il governo Badoglio, trasformato in scuola per allievi ufficiali della Repubblica di Salò, perciò bombardato dagli alleati. Padre Mazzetti, che per cinque anni assistette impotente allo scatenarsi della furia bellica contro quest'opera di misericordia, al termine della vita († 1951) ebbe il conforto di vedere grosse nidiate di orfanelli, d'ambo i sessi, raccolte nella "Casa del Fanciullo Madonna di Fontanellato", perfettamente rimessa a nuovo dal dinamico sacerdote domenicano padre Domenico Acerbi (1900-1984) e diretta con tanto amore dalle suore domenicane della Beata Imelda.
L'orfanotrofio di Fontanellato, modello di organizzazione e di metodo educativo, fu aperto nel 1948, conobbe il massimo splendore nei decenni 1950-1970 raggiungendo il numero di 250 assistiti e di 23 suore, e fu chiuso nel 1982 a seguito delle leggi regionali sull'assistenza dei minori. Venne sostenuto in parte da Enti pubblici (Enaoli) e in parte dalla popolazione, tanto devota alla Madonna quanto generosa a favore dell'innocenza.
Quelle opere che abbiamo sopra ricordato sono un riflesso della fede cristiana, favorita dalla devozione verso la Madonna del Rosario promossa dalla comunità dei frati domenicani, custodi del santuario , e da quanti altri sacerdoti, religiosi e laici, collaborano nei tempi forti dei concorsi e dei pellegrinaggi, che non conoscono diminuzioni.


Vitalità apostolica del Santuario
L'aumento del veicoli in circolazione e il miglioramento della rete stradale portano un numero sempre maggiore di fedeli. Per agevolare l'ingresso al santuario negli ultimi anni è stato aperto un lungo e ampio viale fiancheggiato da portici su progetto dell'arc. E. Trenti, 1965. Per ospitare i sacerdoti e i cooperatori richiesti dal ministero sacro della predicazione e dei sacramenti è stato rinnovato il convento dei frati dotandolo pure di un riposante chiostro interno (1978); per offrire un servizio religioso adeguato alle esigenze di una pastorale ispirata all'insegnamento del Concilio Vaticano II - evangelizzazione e sacramenti per una comunità cristiana - sono state rinnovate le attrezzature del santuario e delle sue adiacenze, nonchè aumentati i sussidi liturgici.
La vitalità apostolica del santuario mariano è stata sostenuta spiritualmente fino al dicembre 2007 dalle claustrali contemplative domenicane che dal 1817 hanno abitato nel convento di San Giuseppe - situato a fianco della facciata della chiesa - che i padri dovettero abbandonare al tempo della soppressione napoleonica (1805).

«Chiedi a me e ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della Terra» (



Trento, 1944, festa di Cristo Re. 
Chiara e le sue prime compagne riunite attorno all’altare al termine della Messa, si ritrovano, senza quasi conoscere la portata della loro richiesta a domandare a Dio di dare attuazione, anche attraverso di loro, ad una frase ascoltata nel 
corso della liturgia:
«Chiedi a me e ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della Terra» (Sal 2,8).
«Tu sai come si possa realizzare l’unità – dicono – . Eccoci qui. Se vuoi, usa di noi».Per un ideale vasto quanto l’unità, quella chiesta da Gesù
 al Padre “che tutti siano uno” (Gv 17, 21), l’orizzonte non poteva che essere il mondo e, guardando col senno di poi, si comprende come sin dai primi balbettii del Movimento nascente l’anelito del cuore guardasse lontano. Nessuno, a quell’epoca, avrebbe potuto immaginare che quegli «ultimi confini della Terra» sarebbero stati raggiunti e con una certa rapidità. Non una programmazione a tavolino, ma un seguire la strada che “Qualcuno” andava tracciando. «Il Movimento si sviluppa secondo un preciso disegno di Dio da noi sempre ignorato ma che si svela di tempo in tempo», racconterà Chiara Lubich, ripercorrendone la storia al XIX Congresso eucaristico nazionale di Pescara, nel 1977. E in quell’occasione sottolineava come «la penna non sa quello che dovrà scrivere. Il pennello non sa quello che dovrà dipingere. 
Lo scalpello non sa ciò che dovrà scolpire. Così, quando Dio prende in mano una sua creatura, per far sorgere nella Chiesa qualche sua opera, la persona non sa quello che dovrà fare. È uno strumento. Quando tutto iniziò a Trento io non avevo un programma, non sapevo nulla. L’idea dell’Opera era in Dio, il progetto in Cielo. Così all’inizio, così durante i 34 anni di sviluppo del Movimento dei Focolari». Così, aggiungiamo noi, negli anni successivi, fino ad oggi. Evidentemente quel primo nucleo di ragazze era destinato a non rimanere chiuso all’interno del piccolo capoluogo trentino, dove dopo appena qualche mese erano già 500 le persone di tutte le età e condizioni sociali che condividevano l’ideale dell’unità. Esso ben presto travalicò i confini regionali. Finita la guerra, infatti, le prime focolarine si trasferirono in alcune città d’Italia per esigenze di studio e di lavoro. Né mancarono inviti da parte di persone desiderose di conoscere e far conoscere a tanti la loro esperienza.
Prima tappa Roma, dove Chiara stessa si recò nel 1948 e poi via via Firenze, Milano, Siracusa…
Nel 1956 cominciò la diffusione in Europa, nel 1958 in America Latina, nel 1961 nell’America del Nord. Il 1963 fu la volta dell’Africa, il 1966 dell’Asia, il 1967 dell’Australia.
Oggi il Movimento dei Focolari (Opera di Maria) è presente in 182 Paesi, conta circa due milioni di aderenti e simpatizzanti in prevalenza cattolici, ma non solo. Ne fanno parte a vario titolo migliaia di cristiani di 350 Chiese e comunità ecclesiali; molti seguaci di varie religioni, tra cui ebrei, musulmani, buddisti, induisti, sikh… e persone di convinzioni non religiose. Il nucleo centrale del Movimento è costituito da oltre 140 mila animatori delle diverse diramazioni. Questa, ad oggi, la storia in breve di un popolo nato dal Vangelo. «L’avevamo chiesto con fede quella volta – scriveva Chiara nel 2000 –. Il Movimento è arrivato veramente fino agli ultimi confini. E in questo “nuovo popolo” sono rappresentati i popoli di tutta la terra».

Suor Cecilia Tra le prime religiose ad aderire alla Spiritualità dell’unità in Portogallo, ricordiamo con gratitudine Sr. Cecilia Câmara de Siqueira, ad un anno dalla scomparsa.




Suor Cecilia
Tra le prime religiose ad aderire alla Spiritualità dell’unità in Portogallo, ricordiamo con gratitudine Sr. Cecilia Câmara de Siqueira, ad un anno dalla scomparsa.

Valeria Ronchetti (a sinistra) con Suor Cecilia

Maria Cecília da Câmara de Siqueira nasce a Lisbona (Portogallo) il 9 dicembre 1931. Animata da una grande sete di libertà e dal desiderio di spendere la sua vita mettendo gli altri prima di sé, a 18 anni entra nella Congregazione delle Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena.Trascinata dall’entusiasmo giovanile e dalla gioia di appartenere solo a Dio, nei primi anni della sua vita comunitaria si spende in particolare come insegnante. Successivamente, nel 1967, tra le prime in terra lusitana, conosce il Movimento dei focolari. Ciò che subito la colpisce è il messaggio di unità che vede possibile mettere in pratica anche nella sua vocazione religiosa

Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. » Antico Testamento


Storia della donna nel Cristianesimo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Antico Testamento
Genesi

« E Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. [...] Allora l'uomo disse: "Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall'uomo è stata tolta." [...] Alla donna disse: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà » La Bibbia inizia proprio con un racconto cosmogonico nel quale uomo e donna sono creati insieme, tanto da arguirne una perfetta simmetria e la medesima dignità.
Ma è il secondo racconto della creazione che ha avuto più fortuna, quello nel quale la donna, generata a partire dall'uomo, tradisce Dio e l'uomo, e porta il peccato nel mondo. L’asimmetria viene anticipata nell’Eden con il riconoscimento di un ruolo "strumentale" della donna rispetto all’uomo, essendo la donna riconosciuta come “aiuto” all’uomo: “Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo” (Gn 2, 22), perché “non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto” (Gn 2, 18).

giovedì 23 agosto 2012

sante.ronchi -saluti dalla Romania




Filastrocca
Le ris’ce sul larin
i piei nti scarpet
le stithe nte camin
garnete sot ai dhet

Corona de rosare
el bront de sora l foc
mathoche de pavare
e l vecio nte l so loc

A scrosola i fasoi
na tega drio na tega
ntant che l bront el boi
fa thelva sot cariega

De fora vien du nef
e nef l’e sora l pal
s’ceruth sta su la sief
la sera de Nadhal

El vecio l misia l bruo
co l veth che fora l fioca
bef sgnapa de caruo
par se refa la boca

Sta l om al foc content
che l ha seca l so fen
pol fa la nef o l vent
no l ha stratha l saren

E gira ntorn la mola
vien l’acqua du par rif
a noi ne par che sgola
el temp de chi che vif

L’e poc che l dea su dret
fin su sora i colmiei
ledhier come n caoret
co le ale sot ai piei

E i agn i pasa via
se sfregolea drio man
va l sol e vien l’ombria
l’e beleche doman.


lunedì 20 agosto 2012

L’11 marzo 1897 in un piccolo paese di Messina, chiamato Roccalumera, in riva al Mare Jonio, inizia una intrepida avventura che darà vita alla nostra famiglia religiosa di Suore Cappuccine del S. Cuore.




Chi siamo
L’11 marzo 1897 in un piccolo paese di Messina, chiamato Roccalumera, in riva al Mare Jonio, inizia una intrepida avventura che darà vita alla nostra famiglia religiosa di Suore Cappuccine del S. Cuore. 
Il movente principale è l’assistenza e l’istruzione dell’infanzia bisognosa. Esprimiamo il nostro carisma in questo triplice movimento: • Contemplare il Cuore divino • Vivere il suo amore misericordioso • Annunciarlo ai fratelli
Pertanto, è compito nostro accogliere l’incessante e amoroso invito di Gesù: “Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, - come dice la Scrittura - fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7,37).

sabato 18 agosto 2012

ASSOCIAZIONE “L’ABBRACCIO DI DON ORIONE”





“La carità non può contenersi e nelle vie del bene non dice mai basta, e diventa diffusiva e si allarga ad abbracciare i prossimi, e si solleva e solleva a Dio.”
CASA DI ACCOGLIENZA PER NEONATI IN QUEZZI ASSOCIAZIONE “L’ABBRACCIO DI DON ORIONE”
I neonati abbandonati o sottratti dal tribunale dei minorenni alla propria famiglia che non è in grado di assicurare loro le minime ed essenziali cure, sono oggi sottoposti ad una ospedalizzazione forzata nell’attesa dell’adozione. Analogamente vengono ricoverati neonati in attesa di una siero conversione o in attesa che si ristabilisca la salute della madre, specie sotto il profilo psicologico. Ancora vengono accolti in ospedale figli di madri alcooliste o tossicodipendenti .

Famiglia Orionina: PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÁ - DON ORIONE

Fanno parte della Famiglia Orionina:

FDP (Figli della Divina Provvidenza) PSMC (Piccole Suore Missionarie della Carità) SACRAMENTINE (Suore Adoratrici non vedenti) CONTEMPLATIVE (Suore Contemplative di Gesù Crocifisso) ISO (Istituto Secolare Orionino)
Le Piccole Suore Missionarie della Caritàsono inserite per speciale vocazione nella “Piccola Opera della Divina Provvidenza”, fondata da S. Luigi Orione che, ancora giovane sacerdote, nel 1903 ricevette l’approvazione diocesana della sua Congregazione “Figli della Divina Provvidenza”.

giovedì 9 agosto 2012

Messa in onore di S.Domenico di Guzman (foto Di Suor Dionicia Soto Mamani




Milazzo 8 agosto 2012
Messa in onore di s. Domenico di Guzman Di Suor Dionicia Soto Mamani (album) ·
San Domenico e la vita di preghiera

​Cari fratelli e sorelle,Giorno otto agosto la Chiesa celebra la memoria di san Domenico di Guzmán, Sacerdote e Fondatore dell’Ordine dei Predicatori, detti Domenicani. In una precedente Catechesi, ho già illustrato questa insigne figura e il fondamentale contributo che ha apportato al rinnovamento della Chiesa del suo tempo. Oggi, vorrei metterne in luce un aspetto essenziale della sua spiritualità: la sua vita di preghiera. San Domenico fu un uomo di preghiera. Innamorato di Dio, non ebbe altra aspirazione che la salvezza delle anime, in particolare di quelle cadute nelle reti delle eresie del suo tempo; imitatore di Cristo, incarnò radicalmente i tre consigli evangelici unendo alla proclamazione della Parola una testimonianza di una vita povera; sotto la guida dello Spirito Santo, progredì sulla via della perfezione cristiana. In ogni momento, la preghiera fu la forza che rinnovò e rese sempre più feconde le sue opere apostoliche. Il Beato Giordano di Sassonia, morto nel 1237, suo successore alla guida dell'Ordine, scrive così: «Durante il giorno, nessuno più di lui si mostrava socievole... Viceversa di notte, nessuno era più di lui assiduo nel vegliare in preghiera. Il giorno lo dedicava al prossimo, ma la notte la dava a Dio » (P. Filippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, Bologna 1982, pag. 133). In san Domenico possiamo vedere un esempio di integrazione armoniosa tra contemplazione dei misteri divini e attività apostolica. Secondo le testimonianze delle persone a lui più vicine, «egli parlava sempre con Dio o di Dio». Tale osservazione indica la sua comunione profonda con il Signore e, allo stesso tempo, il costante impegno di condurre gli altri a questa comunione con Dio. Non ha lasciato scritti sulla preghiera, ma la tradizione domenicana ha raccolto e tramandato la sua esperienza viva in un'opera dal titolo: Le nove maniere di pregare di San Domenico. Questo libro è stato composto tra il 1260 e il 1288 da un Frate domenicano; esso ci aiuta a capire qualcosa della vita interiore del Santo e aiuta anche noi, con tutte le differenze, a imparare qualcosa su come pregare. Sono quindi nove le maniere di pregare secondo san Domenico e ciascuna di queste, che realizzava sempre davanti a Gesù Crocifisso, esprime un atteggiamento corporale e uno spirituale che, intimamente compenetrati, favoriscono il raccoglimento e il fervore. I primi sette modi seguono una linea ascendente, come passi di un cammino, verso la comunione con Dio, con la Trinità: san Domenico prega in piedi inchinato per esprimere l’umiltà, steso a terra per chiedere perdono dei propri peccati, in ginocchio facendo penitenza per partecipare alle sofferenze del Signore, con le braccia aperte fissando il Crocifisso per contemplare il Sommo Amore, con lo sguardo verso il cielo sentendosi attirato nel mondo di Dio. Quindi sono tre forme: in piedi, in ginocchio, steso a terra; ma sempre con lo sguardo rivolto verso il Signore Crocifisso. Gli ultimi due modi, invece, su cui vorrei soffermarmi brevemente, corrispondono a due pratiche di pietà abitualmente vissute dal Santo. Innanzitutto la meditazione personale, dove la preghiera acquista una dimensione ancora più intima, fervorosa e rasserenante. Al termine della recita della Liturgia delle Ore, e dopo la celebrazione della Messa, san Domenico prolungava il colloquio con Dio, senza porsi limiti di tempo. Seduto tranquillamente, si raccoglieva in se stesso in atteggiamento di ascolto, leggendo un libro o fissando il Crocifisso. Viveva così intensamente questi momenti di rapporto con Dio che anche esteriormente si potevano cogliere le sue reazioni di gioia o di pianto. Quindi ha assimilato a sé, meditando, le realtà della fede. I testimoni raccontano che, a volte, entrava in una sorta di estasi con il volto trasfigurato, ma subito dopo riprendeva umilmente le sue attività quotidiane ricaricato dalla forza che viene dall’Alto. Poi la preghiera durante i viaggi tra un convento e l'altro; recitava le Lodi, l'Ora Media, il Vespro con i compagni, e, attraversando le valli o le colline, contemplava la bellezza della creazione. Allora dal suo cuore sgorgava un canto di lode e di ringraziamento a Dio per tanti doni, soprattutto per la più grande meraviglia: la redenzione operata da Cristo.
San Domenico ci ricorda che all’origine della testimonianza della fede, che ogni cristiano deve dare in famiglia, nel lavoro, nell’impegno sociale, e anche nei momenti di distensione, sta la preghiera, il contatto personale con Dio; solo questo rapporto reale con Dio ci da la forza per vivere intensamente ogni avvenimento, specie i momenti più sofferti. Questo Santo ci ricorda anche l’importanza degli atteggiamenti esteriori nella nostra preghiera. L’inginocchiarsi, lo stare in piedi davanti al Signore, il fissare lo sguardo sul Crocifisso, il fermarsi e raccogliersi in silenzio, non sono secondari, ma ci aiutano a porci interiormente, con tutta la persona, in relazione con Dio. Vorrei richiamare ancora una volta la necessità per la nostra vita spirituale di trovare quotidianamente momenti per pregare con tranquillità; dobbiamo prenderci questo tempo specie nelle vacanze, avere un po’ di tempo per parlare con Dio. Sarà un modo anche per aiutare chi ci sta vicino ad entrare nel raggio luminoso della presenza di Dio, che porta la pace e l’amore di cui abbiamo tutti bisogno.
Le foto, testimoniano la celebrazione della giornata presso la cappella del nostro Istituto