giovedì 23 agosto 2012

sante.ronchi -saluti dalla Romania




Filastrocca
Le ris’ce sul larin
i piei nti scarpet
le stithe nte camin
garnete sot ai dhet

Corona de rosare
el bront de sora l foc
mathoche de pavare
e l vecio nte l so loc

A scrosola i fasoi
na tega drio na tega
ntant che l bront el boi
fa thelva sot cariega

De fora vien du nef
e nef l’e sora l pal
s’ceruth sta su la sief
la sera de Nadhal

El vecio l misia l bruo
co l veth che fora l fioca
bef sgnapa de caruo
par se refa la boca

Sta l om al foc content
che l ha seca l so fen
pol fa la nef o l vent
no l ha stratha l saren

E gira ntorn la mola
vien l’acqua du par rif
a noi ne par che sgola
el temp de chi che vif

L’e poc che l dea su dret
fin su sora i colmiei
ledhier come n caoret
co le ale sot ai piei

E i agn i pasa via
se sfregolea drio man
va l sol e vien l’ombria
l’e beleche doman.









Un universo privo di senso non ha senso
Perché esiste il mondo

Tu sei l'Eterno e non sapevi cos'è il tempo e la fine del tempo.
Tu sei il Senza Confini, e non sapevi cosa vuol dire essere prigionieri in un corpo.
Tu sei Benevolenza e non conoscevi il significato della parola "nemico".
Tu sei la Verità, e pertanto come potevi immaginare cosa vuol dire essere nel dubbio.

Per capire hai creato.

E a quel fuoco primordiale hai imposto leggi ben precise, affinché l'intreccio sapiente di innumerevoli condizioni quasi impossibili, potesse infine generare l'intelligenza, lo strumento che permetteva alla materia inerte di arrivare a comprendere se stessa ed autotrascendersi nel pensiero ed il pensiero autotrascendersi nel dono gratuito.
Dopo un percorso lungo e tortuoso, la parola creatrice che avevi posto fuori di Te, a Te ritornava e Ti faceva ricco dei frutti raccolti lungo il sentiero della lontananza.
Così hai potuto guardare e guardarti attraverso gli occhi del bambino che vede per la prima volta la luce del giorno, ed attraverso quelli del vecchio che all'ultimo giorno li chiude.
E sei stato in tutti i pensiero pensati: nelle emozioni gioiose, nei terrori della notte, nell'entusiasmo di una scoperta, nella delusione di un amore perduto.
Sei stato con chi ha dato la vita e con chi l'ha presa, con l'eroe e col vile, ed hai sorpreso tutte le ramificazioni e le complicazioni che fanno povero e ricco e genio e stupido ogni essere umano.
Hai avuto bisogno di noi, e nulla di ciò che siamo e siamo stati è andato dimenticato o perso.
Nella terra della lontananza noi abbiamo scavato delle tane dove Tu non c'eri e Tu hai visto in noi cosa vuol dire non-essere. Le tenebre sono entrate nella luce, ma la luce le ha accolte ed anche il non-essere ha acquistato un senso.
Le scintille salgono dal fuoco e vi ritornano. Siamo stati sparsi come briciole e torniamo ad essere pane.
E poi, pur divenendo immortale per l'essere un pensiero della Tua mente, io resterò io, anche se in Te, e Tu Totalmente Altro, anche se in me. Ed essendo in Te, io come tutti gli altri, e pur non perdendomi, dagli altri potrò ricevere tutto ciò che non sono stato e troverà così risposta quel perché tante volte gridato dal fondo della dura esperienza della diseguaglianza.
L'uomo è il Tuo esploratore: entra dove Tu non puoi entrare e torna a raccontare ciò che ha visto.
La mia storia è breve e poco importante. Ma senza di me non la avresti vissuta.




Hic rhodus, hic saltus
Hier ist die Rose, hier tanze (Hegel)
Salta i folli salti
sul ponte della nave
a pochi suoni alti
ribatte quello grave


all’alti suoni ‘l passo
picchia e con la mano
ritma e per il basso
poggiala sul piano.


All’orlo dell’abisso
scivola il veliero
senza un porto fisso
o traccia di sentiero


s’alza sulla cresta
e dentro l’onde cave
il ritmo della festa
il ballo della nave


si cancella il flutto
come se non fosse
solo il ballo è tutto
e son le rose rosse


oggi è qui la danza
qui ci frusta l’onda
altra non v’è stanza
al suono di ghironda


il passo della danza
congela la paura
il gorgo non avanza
fin che il salto dura.


Il vortice rigira
il ballo non s’arresta
dentro l’onda attira
le note della festa


ma sali sulle corde
balla e non pensare,
quando l’ora morde,
quant'è fondo il mare


l'onda sul veliero
batte e passa in fretta
bussa al tuo pensiero
e tu non dare retta


al suono della banda
il piede fa pulsare
inutile domanda
quant’è largo il mare


nella notte ondeggia
il ponte del veliero
come può la scheggia
comprendere l’intero?


Polena ch'è di fronte
le braccia del pennone
quanti passi il ponte
la ruota del timone


tutti hanno misure
trovate con le spanne
ma prova le paure
segnarle sulle canne


gira il girotondo
scorda nell’ebbrezza
come cala al fondo
lo scafo che si spezza


questa la sapienza:
l’uomo nel presente
non può fare senza
l’inganno della mente.


Solo una volta e d'inverno
venne a cantare l'Eterno
in gloria di luce di pace
quando posavo alla brace


e disse d'andare alla culla
dove la madre fanciulla
volge pensosa le bende,
e un figlio al fieno distende,


lui che soffiando parola
mondi sospese; ma sola,
per lei, una volta soltanto
piovve l'angelico canto.


Forse accomuna una legge
me che ristavo col gregge
e la madre che piana il giaciglio
all'Eterno fattosi figlio.


Ti parla una volta, una sola
e l'angelo ai cieli s'invola
serrato nell'unico fiato
tutto l’intero tracciato.


E in mano quel solo monile
lasciando i pastori all’ovile
che al chiuso la gregge s’adagi
nel viaggio si mutano in magi.